venerdì 30 settembre 2011

CIRANO

Prima leggete questo: http://www.valigiablu.it/doc/538/comma-ammazzablog-post-dedicato-a-gasparri-c.htm

Leggendo questo articolo mi è solo venuta la voglia di ascoltare il CiranGuccini: 
 "Venite pure avanti, voi con il naso corto, signori imbellettati, io più non vi sopporto, infilerò la penna ben dentro al vostro orgoglio perchè con questa spada vi uccido quando voglio".
Ora che l'inchiostro è finito e la poesia pure, non mi resta che una grigia e consunta tastiera da infilare nell'orgoglio di tanti nessuno ed urlare DAL MIO BLOG: "MA ANDATE A CAGARE"!!!!
...e poichè è plurale maiestatis potete fare una denuncia di gruppo tanto i soldi per pagare non ce l'ho!
Mi scuso per il francesismo ma tanto sono dall'altro lato del globo (O CI SIETE VOI, è relativo!) e nessuno lo sente. Le distanze, si sa, aiutano la digestione e di conseguenza l'espulsione viscerale immediata di certe incongurenze nostrane. 

Ci vuol coraggio a partire, ce ne vuole ancor più a restare...
            “Io sono solo un povero cadetto di Guascogna, però non la sopporto la gente che non sogna.”

domenica 25 settembre 2011

INDOVINELLO

Sogna un tuffo ancora nell'Oceano
la sua strada qualcuno sembra averla già tracciata,



vorrebbe smettere di fare la spola sulla battigia, combattuto tra finito e infinito;



è legato e non si capacita del fatto,
sosta pensieroso e impaurito mentre qualcuno gli scava una fossa accanto,



se lo tocchi fugge,
se fosse finalmente libero le sue gambe sarebbero pronte a correre.
Chi è?


 ...SONO IO!

 

lunedì 19 settembre 2011

Universal trash

Ho finalmente partecipato ad un programma stile Maria De Filippi e ho trovato l'anticorpo: ridicolizzazione. Dovevo arrivare nelle Filippine per avere la fortuna di assistere addirittura dalla prima fila, in qualità di coreografa ballerina, ad una gara di danza tra adolescenti esageratamente esaltati! Sono una coreografa? No e neanche una ballerina ma dal momento che sono l'unica straniera nell'arco di kilometri ho avuto un invito ufficiale dalla direttrice della Scuola Superiore di Pontevedra.
Mi sono aggiudicata la prima fila, quella dei giudici per intendersi, dell' INTRAMURAS, un programma intensivo di due giorni che tutte le scuole filippine organizzano una volta l'anno per permettere agli studenti di sfidarsi in varie discipline (modello americano docet!). Io ero appunto giudice della gara di danza: 3 ore di direttissima in cui 14 squadre di studenti hanno dato sfogo a  tutti  i  loro migliori (e peggiori!) istinti. Le categorie erano: POP DANCE GIRLS, POP DANCE BOYS, POP DANCE OPEN (“open” sta per “fate come vi pare tanto non ci interessa”). Il sottofondo musicale ve lo lascio immaginare, in un paio di occasioni mi sono illusa qualcosa potesse cambiare su alcune note jazz e addirittura flamenco ma niente da fare, Michael Jackson regna!
Dopo avermi fatto accomodare tra una bambolina di porcellana e una professoressa di educazione fisica super vamp, mi hanno consegnato questa tabella.

Mastery and timing

       25%
Choreography
& Style

15 %
Costume (Creativity & Resourcefulness)
25%
Synchronicity and Flexibility

20%
Banner


5%
Audience impact

10%
Dunque “Banner- banner – banner”. No, proprio non m'è sovvenuto! Un 3% accademico a tutti è andato bene. Anche quel “flexibility” mi ha messo in crisi per non parlare della sincronicità: dopo i primi 30 secondi di ogni esibizione gli occhi mi si incrociavano e cominciavo a fissare il punto centrale del palco. La prima mossa fatta bene e un 15% se lo sono aggiudicato quasi tutte le squadre. Dico “quasi” perchè quelli che scoprivano pancia e sederi hanno beccato 10%: almeno imparano che l'essere sexy non richiede a tutti i costi la nudità! 
Per quanto riguarda l'”Audience impact” mi sono affidata alle urla delle ragazze sovraeccitate che ad un certo punto hanno sovrastato lo scroscio della pioggia che si rovesciava con insolito fragore. Non so chi abbia vinto perchè forse la direttrice della scuola è affogata.
Ho gradito soprattutto il finale fuori programma: 5 ragazzi gay travestiti da donne si sono impossessati del palco e si sono esibiti alla faccia delle esclusioni di genere. Peccato non poterli premiare!

I ciceroni nudi

Lollipop

Creste impazzite


Cheerleaders



domenica 11 settembre 2011

A tavola con Etty

“ LA MAGGIOR PARTE DELLE PERSONE HA NELLA PROPRIA TESTA DELLE IDEE STEREOTIPATE SU QUESTA VITA, DOBBIAMO NEL NOSTRO INTIMO LIBERARCI DI TUTTO, DI OGNI IDEA ESISTENTE, PAROLA D'ORDINE, SICUREZZA; DOBBIAMO AVERE IL CORAGGIO DI ABBANDONARE TUTTO, OGNI NORMA E APPIGLIO CONVENZIONALE, DOBBIAMO OSARE IL GRAN SALTO NEL COSMO, E ALLORA, ALLORA Sì CHE LA VITA DIVENTA INFINITAMENTE RICCA E ABBONDANTE, ANCHE NEI SUOI Più PROFONDI DOLORI.”1

Anche mangiare gli spaghetti conditi con la maionese è un salto nel cosmo giusto? Mi abbandonerò al pubblico ludibrio se ammetto che mi sono piaciuti? Io sono preda degli stereotipi: gli spaghetti si mangiano alla carbonara, con pepe, uova (una a capoccia!) e pecorino però vanno bene così come me li hanno cucinati.
Il sabato la comunità si riempie di bambini e alcune mamme vengono per cucinare. Non sempre tutto riesce bene pur trattandosi di ricette locali. Ho domandato perchè e mi è stato risposto: “Molte mamme non sanno cucinare perchè non lo fanno a casa. Non hanno cibo!”. Ogni volta che mi siedo a tavola, me ne ricordo. Ho una vita abbondante io...Essa diventa oltremodo ricca quando i dispiaceri e i sacrifici si trasformano in risa corali: il Put(t)o non è una statuetta di gesso ma una specie di morbida caramella lievitata di riso e zucchero a cui si possono aggiungere coloranti. Chi se lo può permettere ci mette il formaggio. L'altra notte alcune mamme erano in cucina alle 2.00 a.m. perchè ci vogliono circa 4 ore per prepararlo. Il risultato non è stato soddisfacente, era troppo duro. Ho fatto fatica a mangiarlo, ma mi hanno rincuorato e mi hanno detto: “.................. ZAPATOS!”. Traduzione: ”non preoccuparti. Stavolta è venuto 'NA SCARPA!”. 
 
1Hillesum Etty, Diario (1943-45), Adelphi, 1996. Consigliato!

sabato 3 settembre 2011

Vi presento LOLO FEDERICO




È un filo di tela di ragno Lolo Federico, simile a quello su cui fa l'altalena il ragnetto davanti la sua casa che sembra pronta a volar via al primo soffio di vento mentre inganna le tempeste brevi e decise di questi tempi restando ancorata alla terra bagnata.
Lo osservo ed ho voglia di incontrare il suo sguardo. Mi dico che prima o poi me li rivolgerà quei suoi occhi così malati e arrabbiati e che la smetterà di fissare in basso non si sa bene cosa, ma lui continua a parlare senza degnarsi di alzare la faccia composta da annosi e morbidi solchi da cui spuntano sporadici i peli lungiformi. A me il suo viso ricorda le risaie che nutrono milioni di filippini sottili come Lolo. Le percorri per arrivare in quella sperdutissima radura dove si raccolgono quattro mini-casette di bambù. Distese di terra misto fango e ciuffi che spuntano dall'acqua. Talvolta un piede affonda sotto il sole cocente delle ore mattutine, ma non me ne curo.
Tatai (papà!) Federico è stato un colpo di fulmine, è stato come scovare un tesoro nascosto, la mia prima avventura in questo territorio inesplorato. Quel venerdì Grace ed io avevamo percorso qualche chilometro con il tricycle che ci aveva lasciate a ridosso dei campi. Era la prima volta che percorrevo le risaie. Mi sentivo un equilibrista maldestro con la busta della spesa in mano che non sa se andare avanti o tornare indietro.
Stavamo per rinunciare quel giorno perchè nella sua casetta non c'era e già avevamo perlustrato cautamente i dintorni. Ma ecco che ci aveva finalmente sentito chiamarlo e aveva risposto con uno strillo acuto di uccello catturato per gioco. Aveva pianto molto quella mattina e quando Grace gli aveva chiesto di cantare per me il suo pianto aveva continuato impenitente a far da musica alle parole roche e inesauribili. Mentre ascoltavo quella canzone scritta per la moglie morta tre anni fa, che suonava più come un grido di aiuto e richiesta di pace eterna per me che non capivo il testo, girovagavo nel labirinto dei miei pensieri e lungo la strada titolata “Via dell'egoismo di Rosalba” mi incamminavo nell'abbietta incapacità di comprendere per quale dannatissimo motivo si ostini a vivere un uomo in tali condizioni. Solo, povero, infermo, cieco, triste e sporco. Mi ripetevo che non è bene permettere a tali pensieri di affacciarsi alla mente, che in fondo la morte non è la soluzione ultima di una vita già morta, che a qualcosa la vita morta di Lolo doveva pur servire ma ormai era troppo tardi. Ecco li avevo già pensati...
A conti fatti, avevo ormai mangiato il frutto malato della società in cui ero nata e vissuta. Per giorni avrei voluto girare con un cartello appeso al collo: CONTAMINATA.
Quella mattina, ancora non lo sapevo, mi ero amaramente innamorata e avrei continuato a pensare a Lolo Federico per giorni con la voglia di fargli visita nuovamente.
Con le carezze, il bagno, il nuovo taglio di capelli, la lecca lecca e il succo di frutta il pianto era cessato e un sorriso aveva spalancato la sua bocca che aveva cominciato a pronunciare il mio nome sconosciuto. Così mi aveva salutato quel giorno il vecchio infante...così mi ero riaffacciata entusiasta da lui. Adesso conosce il mio nome e invece non lo “SA”! Lo aveva ripetuto cento volte quel primo venerdì, ma ancora non era riuscito a memorizzarlo. Suonava così estraneo...stavolta si sofferma sul “sa”, allora insieme ro-SA....dopo breve -lba. Poi “sa”, “sa”, “sa” e ricomincia ro-SA-....-lba. E ancora “sa”, “sa”, “sa”. A qualcosa lo deve associare quel “sa”-nome ma non ce lo dice. Ci svela però un altro segreto-nome: Sheila è facile da ricordare. È il nome della pompa di benzina (la Shell!).
Al secondo appuntamento Lolo non è solo. C'è la figlia che accorre dai campi non appena ci vede e si mostra cordiale e ospitale con noi anche se avverto in Lolo uno strano nervosismo. Tra padre e figlia c'è un affetto irrisolto. Lui si rivolge a lei con aggressività e ordini perentori, poi le allunga nel vuoto due biscotti e una lecca lecca. Lei stizzita si rifiuta di prenderli e poco dopo si addolcisce mentre stesa in piedi ronza intorno come un bersagliere stanco di vigilare. E così prende i biscotti e la lecca lecca.
Quando ve ne andate” - confabula sottovoce Lolo mentre lei è distante - “mi prendono tutto il cibo che avete portato”. Prendono chi? Scopro dopo un po', nascosto nell'erba alta, un omino che strappa erbacce. È il marito che è stato la sfortuna di quell'unica figlia laureata e ormai stanca di sognare per sé un'altra vita che non sia campi e lavori saltuari per sopravvivere. Mi hanno detto: “il marito è un poco di buono!” ed io non ho voglia di indagare più di così poiché in fondo nella storia ci sta bene un marito violento e arraffone.
Tatai Federico stavolta non piange e si gratta incessantemente lasciando sulle gambe rinsecchite scie bianche come quelle che gli aerei lasciano nel cielo.
Il bagno che gli proponiamo è degno di un re, c'è acqua in abbondanza raccolta in tre bacinelle. L'altra volta Grace ed io avevamo fatto la spola alla pozza di un ruscelletto con il secchio bucato e l'acqua era stata nient'altro che un timido sollievo alla calura del giorno. Oggi lui attende seduto sul trono, che è l'ingresso del suo monolocale di bambù, le sue ancelle. Il mio eroe nudo!
Prima di incamminarci nuovamente in mezzo ai campi, colpite dalla violenza dei raggi solari, Lolo Federico vuole tastare quel poco di grazia di cui forse godrà il suo stomaco per due giorni: riso, sardine, spaghetti di fieno e biscotti. Cerca di catturare a mano morta tutto quello che non vede e se lo tiene stretto in grembo come un bambino egoista e viziato. Sputa sulla birra San Miguel che gli offriamo perchè secondo lui non sa di birra e continua a ciucciare la lecca lecca. Resterà almeno in lui la soddisfazione della conquista...


A presto Nonno. Kit-anay lang ta dason Lolo.